Completate le operazioni di recupero della nave di Gela

Come annunciato, è stato portato a termine lo storico recupero della nave greca di Gela.






Dai fondali del Mediterraneo il più grande bastimento greco

GELA - Era adagiata da 2.550 anni sui fondali argillosi di fronte a Gela. Oggi, grazie a una delicata operazione di recupero, è tornata alla luce in tutta la sua imponenza per raccontarci pagine di una storia antichissima. Si tratta di un'imbarcazione greca (tra le più grandi recuperate nel Mediterraneo) carica di mercanzie che circa 500 anni prima di Cristo era in procinto di approdare a Gela, un passaggio obbligato per tutto il commercio navale del Mediterraneo di allora, ma affondò a soli 800 metri dalla costa. Una tempesta la travolse e la affondò velocemente. È rimasta lì per 25 secoli, poi nel 1988 due appassionati di subacquea, Gino Morteo e Gianni Occhipinti, la scoprirono e la segnalarono alla soprintendenza. Anni di lavoro in mare, con diverse operazioni di recupero, hanno finalmente permesso di portare in superficie la parte più imponente della barca, composta dalla ruota di poppa e dalla chiglia. Queste parti, nell'insieme lunghe 11 metri, con quelle già recuperate fanno immaginare che l'imbarcazione fosse lunga ventuno metri e larga otto. Era una nave da trasporto a propulsione mista, remi e vela. Insieme alla nave sono stati recuperati numerosi reperti archeologici, come vasi di provenienza ateniese e due rarissimi askoi con dipinti rossi. "Sulla base dei rinvenimenti ceramici - spiega la soprintendente ai beni culturali e ambientali di Caltanissetta, Rosalba Panvini - si potrebbe tentare di ricostruire alcune tappe del viaggio della nave, che dovette fare scalo nel porto di Atene e poi in uno del Peloponneso. Da lì, deve aver attraversato il Canale d'Otranto e puntato verso la Sicilia per approdare a Gela, dove non arrivò mai".
L'imbarcazione giaceva su un fondale di cinque metri di profondità ed è stata recuperata con l'impiego del pontone "Vincenzo Casentino" dell'Eni sul quale era stata posizionata una gru da 200 tonnellate. È stata la gru a sollevare dal mare una grande cesta metallica contenente il reperto, trasportato al porto di Gela e da qui all'emporio greco-arcaico di Bosco Littorio, dove il relitto è stato immerso in una grande vasca con acqua dolce per essere desalinizzato. Presto l'imbarcazione verrà trasportata e restaurata nel laboratorio Mary Rose Archaeological Services, nell'Hampshire inglese. Lì si trovano anche gli altri pezzi lignei recuperati nel 2003, nell'attesa di tornare a Gela dove si sta lavorando al progetto per creare il Museo della navigazione a Bosco Littorio. "Il lavoro, al di là dell'aspetto spettacolare, è di grande importanza dal punto di vista scientifico, mai una nave di 2.500 anni era stata ripescata in così buono stato", afferma Panvini. "Si tratta di un'operazione eccezionale - commenta Antonello Antinoro, assessore regionale ai Beni culturali - che deve spronarci a continuare. Presto recupereremo un'altra nave del genere che abbiamo da poco individuato". L'imbarcazione appena riportata in superficie era del tipo "cucita", un metodo di costruzione molto antico. Era un'imbarcazione a scafo portante, costruita unendo tavole di fasciame con corde fatte passare attraverso fori e bloccate con spinotti di legno. Nell'area mediterranea gli esempi di "navi cucite" sono rari anche se diluiti nel tempo, con testimonianze che arrivano fino all'età medievale. Tra i più noti vi sono lo scafo della stessa epoca della nave di Gela, forse di origine etrusca, localizzato vicino all'isola del Giglio, in Toscana, e la nave greca del Bon Porté, sulla costa meridionale della Francia, assegnabile alla seconda metà del VI secolo avanti Cristo. (29 luglio 2008 - LA REPUBBLICA - Luigi Bignami)

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